sabato 5 maggio 2007

2 - L'URLO

G., mamma
I primi tre, sei mesi della vita di un bambino. Lui piano piano cerca di dare un nome alle cose, chi si occupa di lui cerca di decifrare questo misterioso e variabile linguaggio. Prima che appunto si trasformi in comunicazione, il pianto del bambino è una cosa unica: l'urlo. Che può voler dire (in ordine di tentativi): ho fame, ho mal di pancia, sono sporco, sono stanco, sono annoiato, tu non mi guardi, la zia non mi piace, ho freddo, ho caldo, c'ho un disagio, ma non l'ho catalogato ancora, salvami! E se il piccolino definisce sempre più chiaramente questi stati, la madre prima di decifrarli (o di provarci) ci mette un po'. E allora c'è un'unica cosa che riempie la sua vita di vivo terrore: l'urlo. Perchè si fa di tutto per evitarlo, per anticiparlo, si allatta a richiesta, si cambia ogni ora, si cerca di creare dei riti, delle abitudini rassicuranti, ma nonostante questo... il pianto dei bambini ti sega i nervi, il pianto disperato, prepotente, richiedente, prolungato, senza sosta è il modo che la natura ha scelto per rendere impossibile non curarsi di quell'alieno che è uscito dalla tua pancia e che tu sai che tu dovresti semplicemente amare. Ma sei impotente. Le hai provate tutte. Hai camminato con lui in braccio, sussurrato nenie, pianto, urlato anche tu, fatto le boccacce, l'hai cambiato tre volte di fila da capo a piedi, fatto troppo, troppo poco. Non basta, non serve, non sai cosa fare, non vi capite e quest'attimo, quest'istante non finirà mai, non finirà mai, è notte e non verrà un giorno nuovo, o tu o lui, o forse nessuno dei due… ecco.

Stai lontana dalla finestra, lontana.
Sei sola, sola, sola. In questo appartamento con muri che sembrano fossati invalicabili, come sei conciata non puoi uscire, e poi tu non vuoi uscire, ma forse lui sì, ma tu vorresti dormire, o farti la doccia, o smettere di allattare, almeno un secondo, e fa caldo e la finestra è aperta. E tu non fai quel pensiero, ma lo senti, senti di nuovo quel: o lui o me. Io non ce la faccio. Io non ce la farò mai. Poi torni lucida in un momento, chiudi la finestra, ti allontani, ti siedi.
E poi lui si addormenta, o ride, o squilla il telefono. E l'istante infinito finisce.

Ma ti resta il sospetto di quel pensiero mostruoso, di quella che è una evidente negazione della possibilità di essere una buona madre, tu lo odiavi quell'esserino che stai sbaciucchiando, tu te ne volevi disfare, volevi solo che finisse lo strazio.
Tutto questo lo pensi da sola, nella tua bella casetta. Dove nessuno si preoccupa di quello che provoca il pianto del bambino, perchè se non sei sola è diverso, lo stesso non si trovano soluzioni, ma non ti parte la vena di follia.
Poi perché, ammettiamolo, non hai nessun pudore, ti capita di parlarne con altre mamme, e se sono sincere ti dicono che quella sensazione l’hanno sfiorata anche loro, che anche loro hanno chiuso la finestra, e che per un po' con in braccio un bambino urlante non ci si avvicineranno. E non sei più un mostro, sei solo normale.

Perchè è normale non poterne più, ed è normale fermarsi. Occhei, non lo so se tutte hanno solo desiderato che il bambino sparisse, ma so che nel caso si sia pensato è molto meglio ammetterlo, e parlarne con qualcuno. L'importante è non agire il pensiero. E non essere sole. Perchè siamo animali sociali, e la tribù ci manca, e tutti ci hanno accudito per nove mesi, e poi nato il bambino si sono dileguati, e prendersi cura di lui, e prendersi cura (almeno un pochino) di te stessa diventano priorità inconciliabili. E poi c'è 'sto mito della maternità fatto tutto di amore e nuvolette rosa, e camerette linde, e tu non sei così, tu sei latte sulle magliette, capelli sporchi e l'urlo. E questa non era l'idea che ti eri fatta, e sei delusa dall'idea e da te stessa.

E poi, così d'un tratto lo guardi mentre ciuccia e lo ami, e sai che la finestra la puoi anche riaprire.

E, a un certo punto, passa del tempo, e miracolosamente vi capite.

A quel punto spuntano i denti.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

eh. proprio vero!
Si dileguano tutti... Con i compagni sane litigate per capire quanto è dura stare tutto il giorno in casa.. tua madre e i suoceri che ti giudicano in continuazione.. piange.. MA PERCHE' PIANGE? Lo sapessi il motivo! NON MANGIA ABBASTANZA, DAGLI "LA GIUNTA"..
Sono passati più di due anni da allora, ricordo l'ansia tremenda sotto la doccia (recordwoman: 3 minuti), piangerà, no soffocherà, oddio il rigurgito mortale.. Il pranzo bruciato nel forno, un solo pasto freddo al giorno..
Adesso va mooolto meglio ma una cosa va detta: "diciamolo ai futuri genitori cosa li aspetta dopo il parto, i primi mesi sono davvero un incubo, soprattutto se manca la coesione e il sostegno da parte della famiglia di origine. Forse il motivo per cui poche mamme ancora non allattano con successo, è la solitudine forzata.. per riposare e farcela vai avanti con ciucci e biberon."
Io sono riuscita comunque nonostante tutto e tutti, ma in termini di equilibrio emotivo si rischia davvero tanto.
Ora è scaduto il mio tempo.
Brave a tutte.
Claudia

"L'Uovo" ha detto...

Grazie Claudia per il tuo racconto. Non so se hai incontrato per caso il blog oppure frequenti la Casa di Maternità, ma è fondamentale per altre donne condividere l'esperienza; uno dei lavori più importanti per noi ostetriche è quello di esserci e sostenere le donne nel dopoparto quando tutti gli altri scompaiono o ignorano che è difficile anche IL DOPO! Spero tu possa lasciare altri contributi. A presto, ost. Paola